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Blog di Itamat

Il salario minimo comunitario: ci sono le basi?

Il salario minimo è ormai da tempo argomento di accese discussioni a livello nazionale e non solo. C’è chi combatte per introdurlo e chi nega fortemente che questo possa portare benefici ai lavoratori e alle imprese. Noi di Itamat proporremo ai partiti la seguente tesi: “L'UE dovrebbe imporre a tutti gli Stati membri l'introduzione di un salario minimo definito su base nazionale.”.

Chi lo sostiene, afferma che la sua introduzione porterebbe a un conseguenze aumento degli stipendi dei lavoratori, specialmente di quelli che al momento hanno un salario più basso. Al contrario, gli oppositori fanno leva sul salario reale (e quindi, la variazione del potere d’acquisto) che rimarrebbe simile, senza creare particolari guadagni.

Nell’Unione Europea, l’Italia insieme a Danimarca, Svezia, Finlandia, Cipro e Austria non ha un salario minimo, ma fa riferimento ai contratti collettivi nazionali. Nel 2022, però, la Commissione Europea ha presentato una direttiva – poi approvata – che obbliga gli Stati membri a garantire l’adeguatezza dei salari minimi e condizioni di vita e di lavoro dignitose per i lavoratori europei. A differenza di un regolamento o di una decisione, la direttiva non impone le modalità con le quali raggiungere questo obiettivo, quindi starà a ogni Paese capire come rispettarla.

Per fare alcuni esempi, la Francia ha un salario minimo orario di 11,27€ lordi mentre in Bulgaria di 2,85€, in Spagna di 1.134€ lordi mensili e in Portogallo di 820€.

Nelle ultime elezioni politiche in Italia nel 2022, a favore dell’introduzione di un salario minimo orario di 10 Euro si sono espressi il Movimento 5 Stelle, Unione Popolare, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione-Italia Viva, Partito Democratico e Impegno Civico. Di parere opposto sono stati i Noi Moderati, Lega per Salvini Premier e Fratelli d’italia. Più neutrali invece erano +Europa, Italexit per l’Italia e Forza Italia (dati Itamat 2022).