In data 11 aprile, con una forza di 336 favorevoli, il Parlamento Europeo ha votato per l’inserimento dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione; votazione, questa, che rischia però di essere puramente simbolica dato che per modificare la Carta serve un voto unanime di tutti i 27 stati membri.
Ciononostante, si tratta di un primo passo per avviare le trattative interne alle istituzioni sulla base dell’iniziativa presentata durante la sessione plenaria del 14 marzo dall’eurodeputata Karen Melchior (rappresentante danese di Renew Europe), che ha portato proprio al voto dell’11 aprile.
«Decidere del proprio corpo è un diritto fondamentale, non c’è uguaglianza se le donne non possono farlo» – queste erano le parole della deputata Melchior durante la plenaria di marzo, riportando al pettine anche il nodo dell’obiezione di coscienza. L’UE, infatti, sulla base delle linee guida dell’OMS del 2022, ha “caldamente invitato” tutti gli Stati membri a depenalizzare l’aborto dai codici legislativi nazionali, esprimendo serie preoccupazioni per tutti quei Paesi dove, consentendo l’obiezione di coscienza, si limita di molto il diritto delle donne ad accedere all’interruzione volontaria di gravidanza.
La strada per rendere l’aborto diritto fondamentale dell’Unione resta, come detto, un percorso lungo e tortuoso: sicuramente la questione ricadrà sull’Eurocamera che si formerà dopo le elezioni di giugno, e va aggiunto anche che il grosso limite di questo iter è il voto unanime. Nazioni come Polonia, Ungheria e Malta mantengono una linea dura contro l’aborto, e risulta quindi difficile pensare che si possano esprimere in maniera favorevole all’inserimento di quest’ultimo nella Carta dei diritti fondamentali.
Va detto, inoltre, che la stessa votazione dell’11 aprile non si è svolta senza turbolenze: il sinodo episcopale alla presidenza della Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione Europea) ha inviato una lettera all’Eurocamera nella quale si legge che «L’aborto non potrà mai essere un diritto fondamentale», schierandosi contro la scelta di definire l’aborto stesso un “diritto” all’interno della mozione, affermando invece che «Il diritto alla vita è il pilastro fondamentale di tutti gli altri diritti umani». Questa lettera è stata accolta con entusiasmo da una grossa fetta dei 163 eurodeputati contrari. Tra i vari spiccano i nomi degli esponenti di FDI che, in coerenza con le loro precedenti posizioni, hanno votato contro la mozione parlamentare. Va detto, in effetti, che già nell’indagine condotta da Itamat, durante la fase di preparazione della VAA per le elezioni amministrative del 2022, FDI era stato l’unico partito a dichiararsi contrario alla tesi “L’Italia deve rendere ovunque effettivo il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza.” (dati Itamat 2022).